I controlli dell’Agenzia e le misure di contrasto alle frodi

Ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti che esercitano l’opzione, le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del Dpr n. 600/1973.

I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto.

L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo, procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione (nei termini previsti dall’articolo 43 del Dpr n. 600/1973 e all’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto legge n. 185/2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 2/2009).

Le violazioni meramente formali, se non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, non implicano la decadenza delle agevolazioni fiscali limitatamente alla irregolarità od omissione riscontrata.

Se le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli da parte delle autorità competenti sono rilevanti per l’erogazione degli incentivi, la decadenza dal beneficio si applica limitatamente al singolo intervento oggetto di irregolarità od omissione.

Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del soggetto che ha esercitato l’opzione, maggiorato degli interessi (di cui all’articolo 20 del Dpr n. 602/1973, e delle sanzioni (di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 471/1997).

Le misure antifrode

I controlli preventivi dell’Agenzia delle entrate

La legge di bilancio 2022 ha introdotto nel decreto legge n. 34/2020 l’articolo 122-bis, che prevede specifiche misure per contrastare le frodi sulle cessioni dei crediti e il rafforzamento dei controlli preventivi.

In particolare, ha previsto che entro cinque giorni lavorativi dall’invio delle comunicazioni dell’opzione per lo sconto o la cessione del credito, anche successive alla prima, l’Agenzia delle entrate può sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti di quelle comunicazioni che presentano i seguenti profili di rischio:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con quelli presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria
  • dati sui crediti oggetto di cessione e sui soggetti che intervengono nelle operazioni
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni.

Se dopo i controlli preventivi questi rischi risultano confermati, la comunicazione si considera non effettuata, e l’esito del controllo viene comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione.

Se, invece, i rischi non risultano confermati o è trascorso il periodo massimo di sospensione degli effetti della comunicazione, questa produce i suoi effetti regolarmente.

Il controllo preventivo antifrode si fonda sull’analisi dei profili di rischio individuati dal legislatore, ma non rappresenta un controllo sostanziale dell’agevolazione, né della regolarità della comunicazione.

In ogni caso, il controllo preventivo dell’Agenzia delle entrate non esonera i soggetti coinvolti nelle cessioni dal ricorso all’ordinaria diligenza richiesta per evitare la partecipazione a condotte fraudolente.

Infatti, né la mancata selezione della specifica comunicazione tra quelle oggetto di sospensione, né la rimozione della sospensione inizialmente operata (o il decorso dei 30 giorni senza conferma dei profili di rischio), precludono gli ordinari poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria.

Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 1° dicembre 2021 ha stabilito criteri, termini e modalità per l’attuazione delle misure antifrode.

Infine, in tema di asseverazioni/attestazioni che i tecnici sono tenuti a rilasciare, è stata introdotta la sanzione penale della reclusione da due a cinque anni e la multa da 50.000 a 100.000 euro nei confronti del tecnico abilitato che:

  • espone informazioni false oppure omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso
  • attesta falsamente la congruità delle spese.

Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri la pena è aumentata.

ALTRE DISPOSIZIONI

Sui termini di utilizzo dei crediti d’imposta sottoposti a sequestro penale, è stato previsto che i crediti d’imposta previsti dagli agli articoli 121 e 122 del decreto legge n. 34/2020, nel caso in cui essi siano sottoposti a sequestro disposto dall'Autorità giudiziaria, possono essere utilizzati solo dopo che sono cessati gli effetti del provvedimento di sequestro.

I termini di utilizzo sono aumentati di un periodo pari alla durata del sequestro e, per la stessa durata, restano fermi gli ordinari poteri di controllo esercitabili dall'Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti che hanno esercitato le opzioni di cessione o sconto.

Inoltre, sono state introdotte nuove disposizioni sui benefici normativi e contributivi e l’applicazione dei contratti collettivi e per il miglioramento dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Con riferimento agli atti di affidamento di lavori di importo complessivamente superiore a 70.000 euro, stipulati a partire dal 27 maggio 2022, viene ora previsto che per i lavori edili (avviati successivamente a tale data) riportati nell’allegato X al decreto legislativo n. 81/2008, i benefici previsti

  • dagli articoli 119, 119-ter, 120 e 121 del decreto legge n. 34/2020
  • dall'articolo 16, comma 2, del decreto legge n. 63/2013
  • dall'articolo 1, comma 12, della legge n. 205/2017
  • dall'articolo 1, comma 219, della legge n. 160/2019

possono essere riconosciuti solo se nell’atto di affidamento dei lavori è indicato che i lavori edili sono eseguiti da datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 81/2015).

Il contratto collettivo applicato, indicato nell'atto di affidamento dei lavori, deve essere riportato anche nelle fatture emesse in relazione all'esecuzione dei lavori.

La mancata indicazione del contratto collettivo nelle fatture emesse in relazione all’esecuzione dei lavori, comunque obbligatoria, non comporta tuttavia il mancato riconoscimento dei benefici fiscali, purché tale indicazione sia presente nell’atto di affidamento.

Per il rilascio del visto di conformità, se previsto, i soggetti abilitati - indicati nell'articolo 3, comma 3, lettere a) e b) del Dpr n. 322/1998 e i responsabili dei Caf - devono verificare anche che il contratto collettivo applicato sia indicato nell'atto di affidamento dei lavori e riportato nelle fatture emesse in relazione all'esecuzione dei lavori.

Se, per errore, in una fattura non è stato indicato il contratto collettivo applicato, il contribuente, in sede di richiesta del visto di conformità, deve essere in possesso di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, rilasciata dall’impresa, con la quale quest’ultima attesti il contratto collettivo utilizzato nell’esecuzione dei lavori edili relativi alla fattura stessa. Tale dichiarazione deve essere esibita dal contribuente ai soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità o, su richiesta, agli uffici dell’amministrazione finanziaria.

Per la verifica dell'indicazione del contratto collettivo applicato negli atti di affidamento dei lavori e nelle fatture, l'Agenzia delle entrate può avvalersi dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS e delle Casse edili.