Appendice fascicolo 3


INDICE


Accantonamenti ai fondi di previdenza

Gli accantonamenti ai fondi di previdenza del personale dipendente sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi, sempre che tali fondi risultino istituiti ai sensi dell'art. 2117 del cod. civ. e costituiti conti individuali dei singoli dipendenti.
È deducibile un importo non superiore al 3 per cento delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari.

Ammortamento degli immobili strumentali per l'esercizio di arti e professioni

Il regime di deducibilità degli ammortamenti dei beni immobili strumentali per l'esercizio di arti o professioni è diverso a seconda della data di acquisto dell'immobile. Specificamente:

  • per gli immobili acquistati o costruiti dal 15 giugno 1990 non è ammessa la deducibilità delle quote di ammortamento; per gli stessi non è, peraltro, più consentita, dall'anno 1993, la deducibilità di una somma pari alla rendita catastale;
  • per gli immobili acquistati o costruiti sino al 14 giugno 1990 è consentita la deduzione di quote annuali di ammortamento; per gli immobili acquistati o costruiti prima del 1º gennaio 1985, ai fini del computo del periodo di ammortamento, si deve aver riguardo alla data dell'acquisto o della costruzione, tenuto conto, peraltro, che non sono deducibili le quote annuali di ammortamento maturate prima del 1&186 gennaio 1985.

La quota di ammortamento va calcolata sul costo di acquisto o di costruzione se l'immobile è stato edificato direttamente dall'esercente l'arte o professione, aumentato delle spese incrementative, se sostenute e debitamente documentate.

Attività agricole connesse

Le attività connesse a quella agricola principale relative alla conservazione, commercializzazione e valorizzazione, considerate autonomamente, non possono dar luogo ad attività connesse diversamente da quelle che realizzano una sostanziale "manipolazione" o "trasformazione" dei prodotti agricoli. Le attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione prese di per sé singolarmente non possono mai produrre reddito agrario ai sensi dell'articolo 32, comma 2, lettera c) del TUIR, bensì reddito di impresa ai sensi dell'articolo 55 del TUIR (si veda in proposito la relazione di accompagnamento al decreto ministeriale del 19 marzo 2004). E' da sottolineare comunque che le predette attività rientrano senz'altro nell'ambito di applicazione dell'articolo 32 del TUIR quando riguardano prodotti propri, ossia ottenuti dall'esercizio dell'attività agricola principale (coltivazione del fondo, del bosco, allevamento) dell'imprenditore agricolo. Nel caso in cui l'attività di conservazione, commercializzazione e valorizzazione abbia ad oggetto prodotti agricoli acquistati da terzi non possono essere assoggettate al regime di determinazione del reddito previsto dall'articolo 32 del TUIR. Considerato che, quando tali attività non sono esercitate congiuntamente ad un processo di manipolazione o trasformazione viene a mancare ogni connessione con l'attività agricola principale, da esse derivano redditi da determinarsi analiticamente secondo le ordinarie disposizioni in tema di redditi d'impresa contenute nell'articolo 56 del TUIR e sono, quindi, escluse anche dall'applicazione del regime forfetario di cui allo stesso articolo 56-bis del TUIR. è il caso di sottolineare, infatti, che la norma di cui all'articolo 56-bis trova applicazione con riguardo alle stesse attività connesse (di manipolazione e trasformazione) richiamate nel disposto dell'articolo 32 del TUIR, rispetto al quale tuttavia si differenzia in quanto presuppone che le stesse attività abbiano ad oggetto tipologie di beni diverse da quelle elencate nel decreto ministeriale. Si segnala che, in base a quanto disposto dall'art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge Finanziaria 2006), la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'art. 2135, comma 3, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario.

Le attività di trasformazione riconducibili al regime previsto dall'articolo 56-bis del TUIR sono quelle attività che concernono le trasformazioni in prodotti diversi da quelli compresi nella tabella allegata al decreto ministeriale citato. Devono, in particolare, ritenersi escluse dall'ambito di applicazione dell'articolo 56-bis citato le attività di trasformazione non usualmente esercitate nell'ambito dell'attività agricola che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel decreto ministeriale, atte a trasformare ulteriormente questi ultimi beni fino a realizzare prodotti nuovi che non trovano connessione con l'attività agricola principale ai sensi dell'articolo 2135 cod. civ.. Infine si precisa che nei regimi dei redditi agrari (articolo 32) e dei redditi d'impresa forfettizzati (articolo 56-bis) possono rientrare anche i redditi prodotti da attività agricole connesse di manipolazione e trasformazione realizzate utilizzando prodotti acquistati da terzi al fine di ottenere anche un mero aumento quantitativo della produzione e un più efficiente sfruttamento della struttura produttiva. Possono, inoltre, essere ricondotti ai citati regimi impositivi anche i redditi prodotti nell'esercizio di attività connesse che comportino l'utilizzo di prodotti acquistati da terzi per un miglioramento della gamma di beni complessivamente offerti dall'impresa agricola, semprechè i beni acquistati siano riconducibili al comparto produttivo in cui opera l'imprenditore agricolo (ad esempio, allevamento, ortofrutta, viticoltura, floricoltura).
Per ulteriori precisazioni si possono consultare le circolari del 14 maggio 2002, n. 44, e del 15 novembre 2004, n.44, dell'Agenzia delle Entrate.

Beni ad uso promiscuo relativi all'impresa

Per effetto dell'art. 64, comma 2, del Tuir, le spese relative all'acquisto di beni mobili adibiti promiscuamente all'esercizio dell'impresa e all'uso personale o familiare dell'imprenditore sono ammortizzabili nella misura del 50 per cento; nella stessa misura sono deducibili le spese di acquisizione di beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro, nonché il canone di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relative dei menzionati beni.
Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita catastale o del canone di locazione anche finanziaria, a condizione che il contribuente non disponga di altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'impresa.
Le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese d'impiego e manutenzione delle apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa di cui al n. 131 della tariffa annessa al D.P.R. n. 641 del 1972 sono deducibili nella misura del 50 per cento (il n. 131 della tariffa corrisponde all'art. 21 della vigente tariffa).

Beni la cui cessione non è considerata destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa

Non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e quindi non concorrono a formare il reddito come ricavi o plusvalenze:

  • i beni ceduti gratuitamente alle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da eventi straordinari - anche se avvenuti in altri Stati - per il tramite di fondazioni, associazioni, comitati e enti individuati con decreti dei Prefetti, per gli eventi che interessano le province italiane, e con D.P.C.M. 20 giugno 2000, come integrato con D.P.C.M. 10 novembre 2000, per quelli relativi ad altri Stati ( cfr. art. 27, commi 2 e 4, della legge 13 maggio 1999, n. 133). Resta ferma la deducibilità del costo di tali beni;
  • le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS (cfr. art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 460 del 1997). Resta ferma la deducibilità del costo di tali beni;
  • i beni, diversi da quelli indicati nel comma 2 dell'art. 13 del D.Lgs. n. 460 del 1997, ceduti gratuitamente alle ONLUS. La cessione gratuita di tali beni, per importo corrispondente al costo specifico complessivamente non superiore a 1.032,91 euro, sostenuto per la produzione o per l'acquisto, si considera erogazione liberale ai fini del limite di cui alla lett. h) del comma 2 dell'art. 100 (cfr. art. 13, comma 3, del D.Lgs. n. 460 del 1997). La possibilità di fruire delle agevolazioni recate dalle citate disposizioni dell'art. 13 del D.Lgs. n. 460 del 1997 è subordinata al rispetto degli adempimenti formali previsti dal comma 4 di tale articolo;
  • la cessione gratuita agli enti locali, agli istituti di prevenzione e pena, alle istituzioni scolastiche, agli orfanotrofi ed enti religiosi di prodotti editoriali e di dotazioni informatiche non più commercializzati e non più idonei alla commercializzazione (cfr. art. 54, comma 1, della legge n. 342 del 2000). Resta ferma la deducibilità del costo di tali beni. Le disposizioni attuative del citato art. 54 sono state dettate dal D.M. 25 maggio 2001, n. 264, il cui art. 2 fornisce la nozione di prodotto editoriale e di dotazione informatica e quella di prodotto non più commercializzato o non idoneo alla commercializzazione.

Contributi o liberalità [art. 88, comma 3, lett. b), del Tuir]

Devono considerarsi "contributi per l'acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato" quelli la cui concessione sia specificamente condizionata dalla legge all'acquisizione di beni strumentali ammortizzabili, quale che sia la modalità di erogazione degli stessi (attribuzione di somme in denaro, riconoscimento di crediti d'imposta, ecc.).
L'esclusione di tale specie di contributi dal novero dei proventi costituenti sopravvenienze attive ne comporta il concorso alla formazione del reddito secondo le regole di competenza economica ai sensi dell'art. 109 del Tuir.
Si precisa che le nuove regole per il trattamento dei contributi per l'acquisto di beni ammortizzabili riguardano solo i contributi per l'acquisto di beni ammortizzabili che pur essendo stati concessi in esercizi anteriori risultino incassati nell'esercizio in corso al 1º gennaio 1998 o in esercizi successivi.
In particolare, nel caso in cui il contributo sia contabilizzato a diretta riduzione del costo di acquisto del bene cui inerisce, il concorso alla formazione del reddito avverrà automaticamente sotto forma di minori quote di ammortamento deducibili nei periodi d'imposta di durata del processo di ammortamento.
Nel caso, invece, in cui il bene sia iscritto nell'attivo al lordo del contributo ricevuto, il concorso alla formazione del reddito d'impresa dei contributi della specie avverrà in stretta correlazione con il processo di ammortamento dei beni alla cui acquisizione ineriscono, sotto forma di quote di risconto passivo proporzionalmente corrispondenti alle quote di ammortamento dedotte in ciascun esercizio.
In tale seconda ipotesi, peraltro, qualora la quota di ammortamento imputata al conto economico ecceda quella fiscalmente ammessa in deduzione, occorrerà procedere oltreché al rinvio della deduzione di detta eccedenza anche al rinvio della tassazione della parte di contributo imputata al conto economico ad essa proporzionalmente corrispondente.
Per converso, ove l'ammortamento riconosciuto ai fini fiscali risulti superiore a quello stanziato in sede civilistica - come avviene nell'ipotesi dell'ammortamento anticipato non imputato al conto economico ed effettuato tramite la costituzione di un'apposita riserva in sospensione d'imposta - concorrerà alla formazione del reddito imponibile anche la quota di contributo proporzionalmente corrispondente a tale maggiore ammortamento benché anch'essa non imputata al conto economico.
Al riguardo, non si pongono problemi di ordine transitorio nel caso in cui il processo di ammortamento del bene cui i contributi ineriscono inizi a decorrere dallo stesso esercizio in cui si verifica l'incasso degli stessi. Nel caso invece in cui l'ammortamento sia già iniziato anteriormente all'esercizio in corso al 1º gennaio 1998 l'importo del contributo da incassare a decorrere da detto esercizio dovrà essere portato ai fini fiscali ad abbattimento del costo residuo da ammortizzare nell'esercizio in corso al 1º gennaio 1998 e nei successivi; peraltro, nel caso in cui l'importo del contributo risulti superiore al costo residuo da ammortizzare l'eccedenza concorrerà per intero a formare il reddito nell'esercizio d'incasso.
Si precisa che analoghe soluzioni valgono anche per l'ipotesi in cui il contributo risulti incassato parte in precedenza e parte a decorrere dall'esercizio in corso al 1º gennaio 1998. Per quanto attiene i contributi diversi da quelli per l'acquisto di beni ammortizzabili - nonché, comunque, da quelli spettanti in base a contratto o in conto esercizio ai sensi delle lett. g) ed h) dell'art. 85 del Tuir - e le liberalità, la modifica apportata dalla citata legge n. 449 del 1997 consiste nella definitiva eliminazione del beneficio della sospensione d'imposta fruibile fino a un massimo del cinquanta per cento per quei contributi incassati a partire dall'esercizio in corso al 1º gennaio 1998, anche se concessi in esercizi anteriori, ferma restando la sua applicabilità per quelli incassati negli esercizi precedenti.
Resta invece ferma per tali proventi l'imputazione in base al criterio di cassa e la possibilità di ripartirne la tassazione, per quote costanti, nell'arco di cinque periodi a partire da quello d'incasso. Con riguardo alle ipotesi di contributi accordati in relazione a piani di investimento complessi che comprendono sia spese di acquisizione di beni strumentali ammortizzabili sia spese di diversa natura (spese per consulenze, studi di fattibilità, indagini di mercato, ecc.) sempreché non siano inquadrabili tra i contributi in conto esercizio, si ritiene che, se il contributo non è determinato come percentuale delle spese ammesse al beneficio o in base ad altri criteri obiettivi che ne consentano la ripartizione tra l'una e l'altra categoria di spesa, l'intero importo del contributo stesso va assoggettato alla disciplina della lett. b) del comma 3 dell'art. 88 del Tuir.
Si precisa che l'eliminazione del regime di sospensione si applica ai contributi (e alle liberalità) incassati a partire dall'esercizio in corso al 1º gennaio 1998, anche se concessi in esercizi anteriori, ferma restando la sua applicabilità per i contributi incassati negli esercizi precedenti. Nel caso, quindi, di un contributo il cui incasso avvenga in più soluzioni, la nuova disciplina si applica alle quote imputabili per cassa a partire dal suddetto esercizio in corso al 1º gennaio 1998.
Si ricorda che per espressa previsione della lett. b) del comma 3 del citato art. 88 del Tuir, resta ferma l'applicazione delle agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonché quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione. Si precisa che tale speciale disposizione transitoria è applicabile, oltre che ai contributi accordati in base al citato D.P.R. n. 218 del 1978 e alla legge n. 64 del 1986, anche a quelli accordati, per effetto del rifinanziamento di tali provvedimenti disposto dal DL n. 415 del 1992 (convertito dalla legge n.488 del 1992), a favore degli investimenti produttivi realizzati nelle aree territoriali svantaggiate così come definite dai provvedimenti medesimi in ossequio alla disciplina comunitaria in materia di aiuti. Si precisa altresì che, in coerenza con le finalità della disposizione in oggetto, per momento di concessione deve intendersi quello in cui viene adottato il provvedimento concessorio in esito alla procedura istruttoria di ammissione al contributo (vedasi art. 6 del Regolamento adottato con D.M. n.527 del 1995 e successive modificazioni).

Detassazione degli investimenti ambientali

L'art. 6, comma 13, della legge n. 388 del 2000 prevede, a favore delle piccole e medie imprese che realizzano investimenti ambientali, che la quota di reddito destinata a tali investimenti non concorre alla determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito. In base al comma 19 del citato art. 6, la quota di reddito detassata corrisponde all'eccedenza rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi d'imposta precedenti.
Ai sensi del comma 15 del predetto art. 6, per investimento ambientale deve intendersi il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali, di cui alla voce B.II dello stato patrimoniale, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all'ambiente, con esclusione di quelli realizzati in attuazione di specifici obblighi di legge. Gli investimenti devono essere rappresentati in bilancio separatamente dagli altri beni. Tenuto conto della lettera della norma, sono esclusi dall'agevolazione in esame i costi sostenuti in dipendenza di contratti che non comportano l'acquisto dei beni (locazione, concessione in uso, usufrutto, ecc.). Nel comma 14 dello stesso art. 6, è prevista una norma antielusiva per disincentivare la cessione dei beni oggetto degli investimenti agevolati entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello in cui gli investimenti stessi sono realizzati.

Disposizioni in materia di autotrasporto

Il comma 5 dell'art. 66 del Tuir prevede un'ulteriore deduzione dal reddito a favore della imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi.
La deduzione è prevista in misura forfetaria annua di euro 154,94, per ciascun motoveicolo e autoveicolo utilizzato nell'attività d'impresa, avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi. Tale deduzione, che spetta per ciascun veicolo effettivamente posseduto (quindi anche per quelli posseduti a titolo diverso dalla proprietà), non esclude la possibilità di fruire dell'altra deduzione forfetaria già prevista dall'art. 66, comma 5, del Tuir a fronte di spese non documentate per i trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore.

Disposizioni in materia di fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura

L'art. 9 della legge 23 febbraio 1999, n. 44, modificata dal D.L. 13 settembre 1999, n. 317, convertito dalla legge 12 novembre 1999, n. 414, recante "Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura" dispone l'esenzione dalle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche dell'elargizione concessa, ai sensi dell'art. 1 di detta legge, a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subìto, agli esercenti un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano subìto danni in conseguenza di delitti commessi per costringerli ad aderire a richieste estorsive. Detta elargizione è concessa in relazione agli eventi dannosi verificatisi nel territorio dello Stato successivamente al 1º gennaio 1990.

Esercizio di arti e professioni

L'art. 53, comma 1, del Tuir definisce redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall'esercizio di arti o professioni, cioè dall'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo non rientranti tra quelle imprenditoriali, anche se esercitate in forma associata.
Il requisito della professionalità sussiste quando il soggetto pone in essere una molteplicità di atti coordinati e finalizzati verso un identico scopo con regolarità, stabilità e sistematicità. L'abitualità si diversifica dalla occasionalità in quanto quest'ultima implica attività episodiche, saltuarie e comunque non programmate.
Tale differenza è fondamentale per distinguere i redditi di lavoro autonomo abituale, che vanno dichiarati nel quadro RE, dai redditi di lavoro autonomo occasionali, che, essendo qualificati redditi diversi, vanno dichiarati nel quadro RL.

Fabbricati

Immobili strumentali all'impresa

Per immobili strumentali che rientrano nella nozione di fabbricato sensi dell'articolo 25 del TUIR, si considerano gli immobili situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto edilizio urbano, nonché a quelli situati fuori del territorio dello Stato aventi carattere similare; tra questi ci si riferisce agli immobili a destinazione ordinaria, speciale e particolare, secondo la classificazione rilevante per l'attribuzione delle rendite catastali dei fabbricati.
Le disposizioni dei commi 7, 7-bis e 8 dell'art. 36, del decreto legge n. 223 del 2006, si applicano, pertanto, anche agli impianti e ai macchinari infissi al suolo nel caso in cui questi realizzino una struttura che nel suo complesso costituisca una unità immobiliare iscrivibile nel catasto urbano in quanto rientrante nelle predette categorie catastali.
Le citate disposizioni operano nei confronti di tutti i soggetti per i quali detti immobili costituiscono un bene relativo all'impresa e sono conseguentemente applicabili nei confronti di tutti i titolari di reddito d'impresa; esse trovano applicazione a prescindere dai principi contabili (nazionali o internazionali) di redazione del bilancio adottati. In particolare, le disposizioni si applicano anche alle singole unità immobiliari presenti all'interno di un fabbricato ossia anche per gli immobili che non possono essere definiti "cielo - terra", per i quali i principi contabili internazionali non richiedono la separata indicazione in bilancio del valore del terreno.
Si definiscono immobili "cielo - terra" quelli che occupano tutto lo spazio edificabile con un'unica unità immobiliare, come nel caso di un capannone industriale. La norme trovano applicazione anche nei confronti dei soggetti in contabilità semplificata, per i quali assumono rilievo i valori degli immobili risultanti dal registro dei beni ammortizzabili (o dalle relative annotazioni sui registri IVA).

Fabbricati industriali

Sono fabbricati industriali - ai sensi dell'ultimo periodo del comma 7, dell'art. 36 del decreto legge n. 223 del 2006 - quelli destinati alla produzione o alla trasformazione di beni, tenendo conto della loro effettiva destinazione e prescindendo dalla classificazione catastale o contabile attribuita ai medesimi. Non rientrano, quindi, tra i fabbricati industriali gli immobili destinati ad una attività commerciale, quali ad esempio negozi, locali destinati al deposito o allo stoccaggio di merci. Nel caso di immobili all'interno dei quali si svolge sia un'attività di produzione o trasformazione di beni che attività diverse da questa (ad esempio attività commerciale o di stoccaggio) l'intero immobile potrà considerarsi industriale qualora gli spazi, espressi in metri quadri, utilizzati per l'attività di produzione o trasformazione siano prevalenti rispetto a quelli destinati ad altra attività. Per i fabbricati acquisiti o costruiti dopo l'entrata in vigore della norma, l'utilizzo rilevante ai fini della classificazione del fabbri cato tra quelli industriali o meno, deve essere verificato con riferimento al periodo di imposta in cui il bene è entrato in funzione. Per i fabbricati già posseduti rileva l'utilizzo del bene nel periodo di imposta precedente a quello in corso al 4 luglio 2006. La qualificazione del fabbricato, ai fini dell'applicazione della norma in esame, non può essere successivamente modificata nel caso di un suo diverso utilizzo, neanche a seguito di variazione catastale della destinazione d'uso. Si precisa che in caso di immobili dati in locazione, anche finanziaria, o in comodato, ai fini della determinazione del valore ammortizzabile, il proprietario dell'immobile dovrà tener conto del concreto utilizzo dell'immobile da parte dell'utilizzatore.
Per ulteriori chiarimenti si vedano la circolare del 4 agosto 2006 n. 28 e la circolare del 19 gennaio 2007 n. 1 dell'Agenzia delle Entrate.

Indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi sostenuti in Stati o territori extra-comunitari con regime fiscale privilegiato

Per effetto dell'art. 110, commi 10 e 12 bis del Tuir, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e siggetti domiciliati fiscalmente in Stati o territori extra-comunitari con regime fiscale privilegiato sono indeducibili indipendentemente dall'esistenza di un rapporto di controllo.
Il successivo comma 11 dispone che l'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi non opera se l'impresa residente in Italia fornisce la prova che l'impresa estera svolge prevalentemente un'attività commerciale effettiva ovvero che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
Al fine del riconoscimento della deducibilità, il contribuente ha l'onere di indicare separatamente nella dichiarazione dei redditi l'importo dei componenti negativi di reddito portati in deduzione. Il comma 12 dispone, infine, che le disposizioni dei commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile il particolare regime di imposizione del reddito delle CFC.
Per l'identificazione degli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato si fa riferimento al al D.M. 23 gennaio 2002 (pubblicato nella G.U. del 4 febbraio 2002) le cui disposizioni sono applicabili dal 19 febbraio 2002.
Si ricorda, infine, che il suddetto decreto ministeriale è stato modificato:

  • con D.M. 22 marzo 2002 (pubblicato nella G.U. del 3 aprile 2002);
  • con D.M. 27 dicembre 2002 (pubblicato nella G.U. del 14 gennaio 2003).

Interessi passivi

A) THIN CAPITALIZATION - Art. 98 del Tuir

La disciplina in materia di contrasto alla sottocapitalizzazione prevista dall'art. 98, nell'ambito dei soggetti IRPEF, trova applicazione per le sole imprese (individuali o collettive) in contabilità ordinaria. Si ricorda che, ai sensi dell'art. 63 del Tuir, per l'applicazione della norma di cui all'art. 98 alle imprese individuali il riferimento al socio si intende all'imprenditore e nelle imprese familiari anche ai soggetti di cui all'art. 5, comma 5. Ai fini della verifica dei presupposti per l'applicazione della thin cap è necessario:

  1. individuare la presenza di soci qualificati, anche attraverso parti correlate;
  2. individuare i finanziamenti erogati o garantiti da tutti i soci qualificati e dalle parti correlate;
  3. calcolare il patrimonio netto rettificato di pertinenza di tutti i soci qualificati e parti correlate, aumentato degli apporti di capitale effettuati dagli stessi soci o da loro parti correlate a fronte di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi;
  4. confrontare l'ammontare complessivo dei suddetti finanziamenti e la corrispondente quota di patrimonio netto.

Qualora il rapporto di cui alla lettera d) ecceda il limite di 4 a 1 trova applicazione l'art. 98 del Tuir.
In tal caso, ai fini della determinazione dell'importo degli interessi indeducibili occorre procedere nel seguente modo:

  1. individuare la quota di patrimonio netto rettificato riferibile a ciascun socio qualificato e alle sue parti correlate, aumentato degli apporti di capitale effettuati dallo stesso socio o da sue parti correlate a fronte di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi;
  2. individuare i finanziamenti erogati o garantiti da ciascun socio e/o sue parti correlate;
  3. determinare il rapporto tra consistenza media dei finanziamenti e quota di patrimonio netto.

Se detto rapporto supera il limite consentito, 4 a 1, va determinata la parte dei finanziamenti eccedenti su cui applicare il tasso di remunerazione media.
La quota indeducibile da esporre nell'apposito rigo del quadro RF, è pari alla sommatoria degli importi come sopra determinati riferiti a ciascun socio. Nel caso di obbligazioni sottoscritte dai soci qualificati o da parti correlate, la remunerazione dei finanziamenti eccedenti deve essere computata al netto della quota di interessi indeducibili in applicazione dell'art. 3 comma 115 della legge n. 549 del 1995.
Ai sensi dell'art. 98 del Tuir il socio si considera qualificato quando controlla direttamente o indirettamente, ai sensi dell'art. 2359 cod.civ., il soggetto debitore ovvero partecipa al capitale sociale dello stesso, anche attraverso partecipazioni detenute da sue parti correlate, con una percentuale pari o superiore al 25%. Si considerano parti correlate al socio qualificato le società da questi controllate ai sensi dell'art. 2359 c.c. e se persona fisica, anche i familiari di cui all'art. 5, comma 5 del Tuir.
Per determinare la remunerazione indeducibile per il periodo d'imposta 2006, il patrimonio netto rettificato si ottiene dal seguente calcolo:

  1. patrimonio netto contabile come risultante dal bilancio relativo all'esercizio precedente (anno di riferimento2005)
  2. - (meno) utile d'esercizio distribuito
  3. - (meno) crediti per conferimenti non ancora eseguiti
  4. - (meno) valore di libro delle azioni proprie in portafoglio
  5. + (più) perdita (in valore assoluto) dell'esercizio di riferimento (2005)
  6. + (più) perdita (in valore assoluto) del primo esercizio precedente (2004) a quello di riferimento
  7. + (più) perdita (in valore assoluto) del secondo esercizio precedente (2003) a quello di riferimento se ripianata entro la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello di formazione della perdita
  8. - (meno) valore di libro o, se minore, il relativo patrimonio netto contabile delle partecipazioni in società controllate/collegate.

La consistenza media dei finanziamenti è data dal rapporto tra l'ammontare complessivo dei finanziamenti (saldi per valuta) al termine di ogni giornata del periodo di imposta e il numero dei giorni del periodo di imposta.

Il tasso di remunerazione media è dato dal rapporto tra la remunerazione complessiva dei finanziamenti di cui al punto 2) e la consistenza media degli stessi.

Qualora il tasso di remunerazione media sia superiore al T.U.R. maggiorato di 1 punto percentuale, ai fini del calcolo della consistenza media occorre tener conto anche dei finanziamenti infruttiferi.

L'impresa comunica a ciascun socio la quota dei finanziamenti eccedenti erogati o garantiti da soci persone fisiche residenti qualificati e loro parti correlate al fine di consentire la determinazione della quota di ritenute, operate dal sostituto nella misura del 20% in applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1,2,3 e 4 dell'art. 7 del decreto legge 20 giugno 1996 n. 323, convertito con modificazioni nella legge 662 del 1996, che genera un credito di imposta utilizzabile in compensazione ai sensi del D. Lgs. n. 241 del 1997 per effetto dell'art. 3, comma 4, del D.Lgs. n. 344 del 2003.

B) PRO RATA PATRIMONIALE - Art. 97 del Tuir

I soggetti che detengono partecipazioni per le quali trova applicazione l'art. 87, comma 1, lett. b), c) e d), del Tuir, possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo di imposta, devono, in presenza di interessi passivi che residuano dopo l'applicazione della thin cap, al netto degli interessi attivi, procedere alla verifica del pro-rata patrimoniale.
La disciplina di cui all'art. 97 trova applicazione se il valore di libro delle partecipazioni esenti eccede il patrimonio netto contabile della società che detiene le stesse.
Per gli imprenditori individuali e le società di persone il valore di libro delle partecipazioni è assunto nella misura del 60%. In tal caso occorre:

  • determinare il rapporto di indeducibilità;
  • applicare il suddetto rapporto all'ammontare degli interessi passivi, che residuano dopo l'applicazione della thin cap, al netto degli interessi attivi.

Il rapporto di indeducibilità, o pro rata patrimoniale, è dato dalla seguente formula:

(Valore di libro delle partecipazioni esenti - Patrimonio netto)/(Totale attivo - Patrimonio netto - Debiti commerciali)

Per (Valore di libro delle partecipazioni esenti ) si intende il valore risultante dal bilancio della società partecipante. Devono essere escluse le partecipazioni:

  1. prive dei requisiti per l'esenzione sulle plusvalenze;
  2. il cui reddito è imputato ai soci anche per effetto dell'opzione per il regime della trasparenza;
  3. il cui reddito concorre insieme a quello della partecipante alla formazione dell'imponibile di gruppo (consolidato nazionale e mondiale).

Il (Patrimonio netto contabile ) di riferimento è quello del periodo di imposta in cui si determina il pro-rata e deve essere assunto al lordo dell'utile d'esercizio, indipendentemente dalla sua distribuzione, e rettificato dell'ammontare dei crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e dell'ammontare delle perdite subite nella misura in cui entro la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello cui le stesse si riferiscono non avvenga la ricostituzione del patrimonio netto mediante l'accantonamento di utili o mediante conferimenti in denaro o in natura.

La percentuale di indeducibilità va applicata alla differenza tra gli interessi passivi, che residuano dopo l'applicazione della thin cap, e gli interessi attivi.
L'importo così ottenuto, decrementato della quota imponibile dei dividendi percepiti relativi alle partecipazioni esenti, va riportato nell'apposito rigo del quadro RF.

C) PRO RATA GENERALE - Art. 96 del Tuir

In presenza di ricavi o proventi esenti, la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione della thin cap e del pro rata patrimoniale, deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Ai fini del rapporto in questione, le plusvalenze esenti e i dividendi si computano per il loro intero ammontare.
La quota indeducibile va riportata nell'apposito rigo del quadro RF.

Minusvalenze patrimoniali da cessioni di partecipazioni

A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 25 settembre 2002, l'art. 1, comma 4, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, dispone che, relativamente alle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro e che derivino da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie realizzate, anche a seguito di più atti di disposizione, il contribuente comunica all'Agenzia delle entrate i dati e le notizie necessari al fine di consentire l'accertamento della conformità dell'operazione di cessione con le disposizioni antielusive dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973.
Con provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 22 maggio 2003 è stabilito che la comunicazione deve essere effettuata:

  • alla Direzione regionale delle entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente;
  • in carta libera, mediante consegna o spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento;
  • dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale le cessioni sono state effettuate (fa fede la data di spedizione).

La comunicazione tardiva si considera omessa.
In caso di comunicazione omessa, incompleta o infedele, la minusvalenza realizzata è fiscalmente indeducibile.
Inoltre, ai sensi dell'art. 5-quinquìes del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è stato previsto l'obbligo di comunicare all'Agenzia delle Entrate i dati e le notizie relative alle minusvalenze e alle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro, derivanti da operazioni su azioni o altri titoli negoziati, che non possiedono i requisiti di esenzione di cui sopra, anche a seguito di più operazioni, in mercati regolamentati italiani o esteri e realizzate a decorrere dal periodo d'imposta cui si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344. Termini e modalità della comunicazione saranno stabiliti con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Navi iscritte nel registro internazionale ed imprese armatoriali che esercitano la pesca

L'art. 4, comma 2, del D.L. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito dalla legge 27 febbraio 1998, n, 30, recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l'incremento dell'occupazione" dispone che il reddito derivante dall'utilizzazione di navi iscritte nel Registro internazionale concorre in misura pari al 20 per cento a formare il reddito complessivo assoggettabile all'IRPEF.
Il medesimo beneficio compete alle imprese armatoriali che esercitano la pesca oltre gli stretti e, nel limite del 70 per cento, a quelle che esercitano la pesca mediterranea.
L'art. 13, comma 3, della legge n. 488 del 1999 dispone che l'agevolazione di cui all'art. 4, comma 2, del D.L. n. 457 del 1997, convertito dalla legge n. 30 del 1998, si applica anche ai redditi derivanti dall'esercizio, a bordo di navi da crociera, delle attività commerciali complementari, accessorie o comunque relative alla prestazione principale, anche se esercitate da terzi in base a rapporti contrattuali con l'armatore. Per i redditi derivanti dall'attività di escursione comunque realizzata, l'agevolazione si applica solo nei confronti dell'armatore. Tale disposizione si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 488 del 1999.
L'art. 11 della legge n. 388 del 2000 dispone che le agevolazioni riconosciute ai fini fiscali dall'art. 4 del D.L. n. 457 del 1997 sono estese, per gli anni 2001, 2002 e 2003 e nel limite del 70 per cento alle imprese che esercitano la pesca costiera o la pesca nelle acque interne e lagunari. L'art.1, comma 119, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 ha prorogato le disposizioni di cui al citato art. 11 anche per l'anno 2006.

Parametri presuntivi di ricavi e compensi

La disciplina dei parametri presuntivi di ricavi e compensi è stata introdotta dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successivamente modificata dall'art. 3, comma 125, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. I parametri, approvati con D.P.C.M. 29 gennaio 1996, come modificato dal D.P.C.M. 27 marzo 1997, possono essere utilizzati per l'accertamento ai sensi dell'art. 39, 1º comma , lettera d), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dei ricavi di cui all'art. 85 del TUIR, ad esclusione di quelli previsti dalle lettere c), d) ed e) del comma 1 dello stesso articolo, e dei compensi di cui all'art. 54, comma 1, del TUIR.
Per il periodo d'imposta 2006 i parametri si applicano nei confronti dei contribuenti esercenti attività d'impresa, per le quali non sono stati approvati gli studi di settore ovvero, per le quali, pur essendo stati approvati, ricorrano una o più cause di inapplicabilità, previste nei provvedimenti di approvazione degli studi. I parametri non si applicano nei confronti dei soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati studi di settore con carattere sperimentale.
I soggetti esercenti attività per le quali si applicano i parametri sono tenuti alla compilazione dell'apposito modello dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri.
In caso di omessa presentazione del suddetto modello, si applica la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.065, ridotta ad un quinto del minimo se la presentazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione.
I contribuenti che intendono evitare l'accertamento in base ai parametri possono adeguare, senza applicazione di sanzioni e interessi, i propri ricavi e compensi utilizzando l'apposito rigo previsto nei quadri RE, RF e RG.
Ai fini dell'IVA l'adeguamento al volume d'affari risultante dall'applicazione dei parametri può essere operato, senza applicazione di sanzioni e interessi, effettuando il versamento della relativa imposta entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, utilizzando il codice tributo 6493. I maggiori corrispettivi vanno annotati, entro il suddetto termine, in un'apposita sezione del registro di cui all'art. 23 e all'art. 24 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Qualora, a seguito del predetto adeguamento, l'ammontare dei ricavi relativi all'anno 2006 superi i limiti previsti per la tenuta della contabilità semplificata (euro 309.874,14 e 516.456,90, rispettivamente per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi ovvero aventi per oggetto altre attività), per il periodo di imposta successivo non sorge l'obbligo di osservare gli adempimenti previsti per il regime ordinario di contabilità. Per conoscere l'ammontare dei ricavi e dei compensi presunti sulla base dei parametri i contribuenti possono rivolgersi agli uffici dell'Agenzia delle Entrate o utilizzare i supporti magnetici contenenti i programmi necessari per il calcolo dei predetti ricavi e compensi, gratuitamente distribuiti dalla stessa Agenzia delle Entrate, anche tramite le associazioni di categoria e gli ordini professionali. Tali programmi sono disponibili anche sul sito Internet all'indirizzo www.agenziaentrate.gov.it.
Nel prodotto informatico verrà fornita la puntuale indicazione dei righi dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione dei parametri, da prendere a base per la determinazione del valore delle voci e variabili considerate ai fini dell'applicazione dei parametri.
L'accertamento basato sui parametri interessa i contribuenti con ricavi o compensi dichiarati di ammontare non superiore a 5.164.568,99 euro. A tal fine, per gli esercenti attività di impresa va fatto riferimento ai ricavi di cui all'art. 85 del TUIR, ad eccezione di quelli previsti dalle lett. c), d) ed e) dello stesso articolo.
Per i rivenditori, in base a contratti estimatori, di giornali, di libri e periodici, anche su supporti audiovideomagnetici e per i distributori di carburanti, i menzionati ricavi si assumono al netto del prezzo corrisposto al fornitore dei beni, mentre per coloro che effettuano cessioni di generi di monopolio, valori bollati e postali, marche assicurative e valori similari si considerano ricavi gli aggi spettanti ai rivenditori.
Per i contribuenti in regime di contabilità ordinaria l'accertamento in base ai parametri è possibile solo quando in sede di verifica sia rilevata la inattendibilità della contabilità in base ai criteri stabiliti con il regolamento approvato con D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.
Si ricorda che i parametri non si applicano nei confronti dei contribuenti che esercitano attività per le quali non si è provveduto alla elaborazione degli stessi; tali attività sono indicate con il termine "esclusa" nelle tabelle degli indicatori allegate al D.P.C.M. 29 gennaio 1996. I parametri, inoltre, non trovano comunque applicazione nei confronti dei soggetti per i quali operano le cause di esclusione dagli accertamenti basati sugli studi di settore previste dall'art. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146.
Non si applicano, altresì, ai contribuenti il cui reddito è determinato con criteri di tipo forfetario, a quelli che omettono di presentare la dichiarazione dei redditi o che la presentano incompleta e alle imprese in liquidazione o interessate da procedure concorsuali.
Ulteriori precisazioni relative all'applicazione dei parametri sono contenute nelle circolari ministeriali n. 117/E del 13 maggio 1996 e n. 140/E del 16 maggio 1997.

Perdite d'impresa e di lavoro autonomo

Il comma 27, dell'art. 36 del D.L.223/06, ha modificato l'art. 8 del Tuir prevedendo, anche per i lavoratori autonomi e le imprese minori, come già avveniva per i soggetti in contabilità ordinaria, la possibilità di dedurre le perdite unicamente dai redditi della stessa categoria di quella che le ha generate. Tali disposizioni si rendono applicabili ai redditi ed alle perdite realizzati dal periodo di imposta in corso alla data del 4 luglio 2006.
Ai sensi del comma 3 dell'art. 8 del Tuir, le perdite derivanti dall'esercizio di attività commerciali e quelle derivanti da partecipazioni in società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni anche esercitate attraverso società semplici e associazioni di cui all'art.5 del TUIR, possono essere compensate in ciascun periodo d'imposta con i relativi redditi derivanti dalle predette attività e/o partecipazioni (sia in contabilità ordinaria che semplificata) e limitatamente all'importo che trova capienza in essi. L'eccedenza può essere portata in diminuzione dei relativi redditi derivanti dalle predette attività e/o partecipazioni negli esercizi successivi ma non oltre il quinto.
La descritta compensazione delle perdite d'impresa e di lavoro autonomo con i redditi d'impresa e di lavoro autonomo conseguiti dallo stesso soggetto si effettua, nel quadro RE, RF o RG, e/o RH, e/o RD, in cui è stato conseguito un reddito.
Si fa presente che la compensazione con il reddito conseguito nel periodo di imposta dovrà essere effettuata preliminarmente con le perdite conseguite nel medesimo periodo di imposta e, per la parte non compensata, con l'eventuale eccedenza di perdite non compensate nei precedenti periodi d'imposta.
Le perdite d'impresa (comprese le eccedenze dei periodi d'imposta precedenti)non compensate nei quadri RF o RG, e/o RH e/o RD dovranno essere riportate nel relativo "Prospetto delle perdite d'impresa non compensate nell'anno contenuto nel quadro RS; le perdite di lavoro autonomo non compensate nei quadri RE e/o RH dovranno essere riportate nel relativo "Prospetto delle perdite di lavoro autonomo non compensate nell'anno", contenuto nel quadro RS; secondo le istruzioni ivi previste.
In merito alle perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta, vedi la successiva voce.

Perdite riportabili senza limiti di tempo

Ai sensi dell'art. 84, comma 2, del Tuir, le perdite realizzate nei primi tre periodi di imposta dalla data di costituzione possono essere computate in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo a condizione che si riferiscano ad una nuova attivita' produttiva.

Regime forfetario dei contribuenti minimi (art. 3, commi da 171 a 185, della L. 23 dicembre 1996, n. 662)

L'art. 3, commi da 171 a 185, della L. n. 662 del 1996 ha introdotto, con effetto dal 1º gennaio 1997, un particolare regime di determinazione forfetaria del reddito d'impresa e di lavoro autonomo per i contribuenti cosiddetti "minimi".
Contribuenti minimi per il periodo d'imposta 2006 sono le persone fisiche esercenti attività d'impresa o arti e professioni per le quali nel 2005 sussistono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • hanno realizzato un volume d'affari, ragguagliato ad anno, non superiore a 10.329,14 euro;
  • hanno utilizzato beni strumentali, anche non di proprietà, di costo complessivo, ragguagliato ad anno in caso di acquisizione o dismissione, al netto degli ammortamenti, non superiore a 10.329,14 euro;
  • non hanno effettuato cessioni all'esportazione;
  • hanno corrisposto a dipendenti e/o collaboratori stabili, quindi con esclusione di collaboratori occasionali, compensi complessivi, tenendo conto dei contributi previdenziali e assistenziali, non superiori al 70 per cento del volume d'affari realizzato nell'anno 2005 sempre nel rispetto del limite di 10.329,14 euro.

Sono escluse dal regime forfetario, le attività di cui agli articoli 34, 74 e 74-ter del D.P.R. n. 633/72, nonché le attività rientranti in altri regimi speciali per le quali resta ferma la relativa disciplina come, ad esempio, l'attività di agriturismo di cui alla L. 5 dicembre 1985, n. 730.
Il reddito dei contribuenti minimi è determinato forfetariamente, in relazione all'attività prevalentemente esercitata, sulla base delle seguenti percentuali di redditività applicate al volume d'affari, aumentato dei corrispettivi e dei compensi non rilevanti ai fini dell'applicazione dell'IVA nonché di quelli non concorrenti alla formazione del volume d'affari:

  • imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi:75 per cento;
  • imprese aventi per oggetto altre attività: 61 per cento;
  • esercenti arti e professioni: 78 per cento.

Regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo

L'art. 13 della legge n. 388 del 2000 ha introdotto un particolare regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo.
In particolare sul reddito di lavoro autonomo o di impresa, determinato rispettivamente ai sensi degli artt. 54 e 66 del Tuir, realizzato dai soggetti che chiedono di avvalersi del regime fiscale agevolato, è dovuta un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura del 10 per cento. Considerato che il predetto reddito è soggetto ad imposta sostitutiva e quindi non partecipa alla determinazione del reddito complessivo IRPEF, lo stesso non costituisce base imponibile per l'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Restano immutati gli obblighi sostanziali in materia di IVA e di IRAP.
Il regime agevolato, che si applica per il periodo d'inizio attività e per i due successivi, può essere usufruito esclusivamente dalle persone fisiche e dalle imprese familiari di cui all'art. 5, comma 4, del Tuir.

Regime fiscale delle attività marginali

L'art. 14 della legge n. 388 del 2000 ha introdotto un particolare regime fiscale agevolato per le persone fisiche e le imprese familiari di cui all'art. 5, comma 4, del Tuir esercenti attività per le quali risultino applicabili gli studi di settore e che abbiano conseguito nel periodo d'imposta precedente ricavi o compensi non superiori al limite stabilito in appositi decreti ministeriali e comunque non superiori a euro 25.822,84.
L'agevolazione consiste nell'assoggettamento del reddito di lavoro autonomo o d'impresa dei soggetti che chiedono di avvalersi del regime fiscale delle attività marginali ad un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nella misura del 15 per cento. Tale reddito è determinato tenendo conto dei ricavi calcolati in base agli studi di settore, nonché dei costi e delle spese determinati ai sensi degli artt. 54 e 66 del Tuir.
Con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 gennaio 2002 pubblicato in G.U. n. 15 del 18 gennaio 2002, sono state individuate le modalità di riduzione dei ricavi determinati in base agli studi di settore per la loro applicazione nei confronti dei contribuenti che si avvalgono del regime fiscale delle attività marginali.
Considerato che il predetto reddito è soggetto ad imposta sostitutiva e quindi non partecipa alla determinazione del reddito complessivo IRPEF, lo stesso non costituisce base imponibile per l'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Restano immutati gli obblighi sostanziali in materia di IVA e di IRAP.

Spese per prestazioni di lavoro

Per effetto degli artt. 95, comma 2, e 43, comma 2, del Tuir:

  • le spese e i canoni di locazione relativi ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l'attività sono integralmente deducibili, per il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento del dipendente e per i due successivi;
  • per il medesimo periodo di tempo, gli immobili in questione vengono considerati strumentali ai fini delle imposte sui redditi.

Spese per trasferte (art. 95, commi 3 e 4, del Tuir)

Ai sensi dell'art. 95, comma 3, del Tuir le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a euro 180,76; il predetto limite è elevato a euro 258,23, per le trasferte all'estero.
Il limite di deducibilità si riferisce esclusivamente ai rimborsi a piè di lista e, qualora l'alloggio venga fornito gratuitamente, ai fini del computo del predetto limite, si deve tener conto dei costi specifici sostenuti dal datore di lavoro per i servizi di alloggio. Tali costi specifici potranno essere portati in deduzione, nel predetto limite massimo giornaliero, soltanto per i giorni di effettiva trasferta effettuata nell'anno. Rimangono pertanto indeducibili i costi specifici relativi ai giorni di mancato utilizzo dei predetti alloggi destinati a dipendenti in trasferta.
Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, è consentito portare in deduzione dal reddito d'impresa un importo non superiore al costo di percorrenza o a quello risultante dall'applicazione delle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 o 20 cavalli fiscali, se con motore diesel. Tale disposizione, che non si applica agli autoveicoli aziendali, esplica effetti anche nelle ipotesi in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare il proprio autoveicolo o un autoveicolo preso a noleggio per una specifica trasferta all'estero ovvero sia stato noleggiato un autoveicolo con il conducente. Ai fini della quantificazione dei predetti costi di percorrenza si deve fare riferimento alla media dei costi delle suddette autovetture appositamente calcolata dall'Automobile Club d'Italia ovvero, nelle ipotesi di noleggio, alla media delle tariffe di noleggio. Per effetto del comma 4, le imprese autorizzate all'autotrasporto di merci possono dedurre, per le trasferte effettuate dai propri dipendenti fuori del territorio comunale o all'estero, un importo forfetario pari, rispettivamente, a euro 59,65 e a euro 95,80 al giorno al netto delle spese di viaggio e di trasporto, anziché effettuare la deduzione, anche analitica, delle spese stesse.

Studi di settore

L'art. 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ha previsto, da parte dell'Amministrazione finanziaria, l'elaborazione di appositi studi di settore in relazione ai vari settori economici. L'art. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, ha stabilito le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.
Il D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195, ha stabilito che le disposizioni di cui all'art. 10, commi da 1 a 6, della legge n. 146 del 1998 si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta nel quale sono in vigore gli studi di settore. Tali disposizioni si applicano anche nel caso in cui gli studi stessi sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo.
Per conoscere l'ammontare dei ricavi e compensi presunti sulla base degli studi di settore i contribuenti possono utilizzare il programma software denominato GE.RI.CO. o rivolgersi agli uffici dell'Agenzia delle Entrate.
Per i periodi d'imposta in cui trovano applicazione gli studi di settore, ovvero le modifiche conseguenti all'evoluzione dei medesimi, non si applicano sanzioni e interessi nei confronti dei contribuenti che indicano, nelle dichiarazioni di cui all'art. 1 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, ricavi o compensi non annotati nelle scritture contabili per adeguare gli stessi, anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, a quelli derivanti dall'applicazione dei predetti studi di settore. Per i periodi d'imposta di cui al punto precedente, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto è possibile adeguarsi alle risultanze derivanti dall'applicazione degli studi di settore senza il pagamento di sanzioni ed interessi, effettuando il versamento della relativa imposta entro il termine previsto per il versamento a saldo dell'imposta sul reddito, utilizzando il codice tributo 6494. L'art. 2, comma 2-bis, del D.P.R 31 maggio 1999, n. 195, introdotto dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, (legge Finanziaria per il 2005) ha previsto che l'adeguamento agli studi di settore, per i periodi d'imposta diversi da quelli in cui trova applicazione per la prima volta lo studio, ovvero le modifiche conseguenti alla revisione del medesimo, è effettuato a condizione che il contribuente versi una maggiorazione del 3 per cento, calcolata sulla differenza tra ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. Tale maggiorazione deve essere versata entro il termine per il versamento a saldo dell'imposta sul reddito, utilizzando, mediante l'apposito mod. F24, il codice tributo "4726", per le persone fisiche, oppure il codice tributo "2118", per i soggetti diversi dalle persone fisiche. La maggiorazione non è dovuta se la predetta differenza non è superiore al 10 per cento dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.
L'adeguamento in dichiarazione ai ricavi o compensi derivanti dall'applicazione dello studio di settore preclude l'attività di accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate prevista dall'art. 10 della citata legge n. 146 del 1998.
Il contribuente esercente attività per le quali si applicano gli studi settore è tenuto alla compilazione dell'apposito modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore. In caso di omessa presentazione del suddetto modello, si applica la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.065, ridotta ad un quinto del minimo se la presentazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione.
Per ulteriori chiarimenti relativi agli studi di settore si rinvia alle istruzioni alla compilazione dei predetti modelli.

Trasferimento all'estero della residenza (art. 166 del Tuir)

Il trasferimento all'estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Tale disposizione si applica anche se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero. Per le imprese individuali e le società di persone si applica l'articolo 17, comma 1, lettera g) e l).
I fondi in sospensione d'imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell'ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.